CURARSI CON LA LUCE

L’uomo è nato per vivere illuminato dal sole. È l’ambiente sbagliato nel quale viviamo, con la luce artificiale priva di ultravioletti e con molte frequenze distorte, che provoca diversi disturbi,fino a vere e proprie patologie: occorre trascorrere all’aperto più tempo possibile.

Svariate sono le ricerche scientifiche degli ultimi anni sugli effetti dell’esposizione ai raggi solari, ma la divulgazione dei risultati è stata quanto meno “parziale”.
Ovunque si è parlato e scritto soltanto di melanoma, invecchiamento precoce, cataratta e altri problemi dovuti ai raggi solari, al “buco nell’ozono”, alle macchie solari e a quant’altro si trovi in natura.
Pur non mettendo certamente in dubbio l’onestà scientifica di questi divulgatori di paure, ritengo che occorra precisare con metodo più rigoroso i risultati delle ricerche svolte, poiché molti studi smentiscono i dati allarmistici e ne spiegano la causa.
Il primo punto da prendere in considerazione è il campione, ossia il tipo di persone, preso in esame per la ricerca.

Ho già fatto notare come la maggior parte delle persone viva “senza luce”, limitando l’esposizione al sole soltanto al periodo di ferie ed a qualche fine settimana.
Queste stesse persone inoltre hanno un’alimentazione molto scorretta, ricca di grassi e scarsa di cereali, verdura e frutta fresca.
È chiaro che, se bombardo all’improvviso di raggi solari uno di questi soggetti, per esempio mandandolo in poche ore dall’ufficio ai Carabi, tutto il suo organismo reagirà in modo abnorme.
Questo è il motivo per cui tutti i medici insistono raccomandando un’esposizione graduale, non tenendo conto però che per rispettare i loro tempi ed ottenere una “sana” abbronzatura, occorrerebbero almeno sei mesi di ferie all’anno. Purtroppo non molti possono permetterselo.

La discontinuità dell’esposizione alla luce solare, associata alla carenza di antiossidanti nell’alimentazione, rende quindi pericolosa la classica “tintarella”.
Sono moltissimi gli studi che dimostrano come in realtà chi vive sempre all’aperto e al sole non soltanto è meno vittima percentualmente di melanoma rispetto ad un cittadino medio, ma ha anche un ridotto rischio di altri tumori. In Finlandia è stato anche provato che nel periodo con luce solare si riduce la percentuale di proliferazione cellulare di tipo tumorale, per poi aumentare nell’intervallo di buio.
Non molto diverso è il problema degli occhi, che senz’altro soffrono quando, uscendo dall’ufficio, ci troviamo in una strada assolata, con il riverbero dell’asfalto, ma che, non per questo, vanno sempre coperti da occhiali da sole, forse tanto di moda, ma non sempre altrettanto utili

Ci sono certamente alcuni casi nei quali è indispensabile l’uso di lenti protettive, ma dobbiamo sapere in che modo adoperarle, poiché è come quando abbiamo bisogno di una medicina: serve al momento, non per sempre, salvo particolari cronicità.
Per comprendere meglio questo discorso, occorre fare un passo indietro e spiegare esattamente cosa sono gli ultravioletti e gli infrarossi.
I raggi ultravioletti cadono appena oltre i limiti percepibili dall’occhio umano, hanno un forte potenziale energetico e possono di conseguenza eccitare le molecole, modificando le proprietà chimiche e fisiche della materia. Si dividono in tre grandi gruppi, secondo le frequenze che li caratterizzano:
UV-A vicini (320 – 380 nm)
UV-B medi (229 – 320 nm)
UV-C lontani (200 – 290 nm)

Tutti i media ci bombardano, soprattutto all’inizio dell’estate, sulla pericolosità dei raggi UV, e sulla conseguente necessità di acquistare creme di ogni tipo, occhiali da sole, shampoo speciali e persino vitamine per sopportare… la luce che ci permette di vivere.
Anche per gli UV, come per lo spettro visibile, vale evidentemente lo stesso principio: chi resta al buio per undici mesi avrà problemi nel vedere la luce.